mercoledì 29 marzo 2017

Accordo di Roma: cosa significa veramente Unione Europea?

Per comprendere il significato del documento che i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell’Unione Europea hanno sottoscritto a Roma il 25 marzo 2017, occorre chiarire cosa dobbiamo intendere con la parola Europa.
Il significato, sempre sottinteso, della parola Europa oscilla tra il concetto di confederazione e quello di federazione. I due concetti si differenziano sotto il profilo della sovranità. Nella confederazione gli Stati membri conservano la loro piena sovranità ed hanno soltanto l’obbligo di rispettare i trattati da loro sottoscritti. Nella federazione la sovranità è divisa tra i singoli Stati, che debbono provvedere al benessere dei loro cittadini, e lo Stato federale che è competente nelle materie di interesse generale e deve provvedere a soddisfare gli interessi comuni di tutti i cittadini federati.
L’Europa di oggi, anzi l’Unione Europea di oggi, non è né l’una né l’altra forma di Stato e spesso travalica le proprie competenze incidendo profondamente in quelle riservate agli stessi Stati membri.
In sostanza l’Unione Europea non esiste. Il potere decisionale infatti spetta al Consiglio dei Ministri che non è eletto dal popolo europeo, mentre il Parlamento eletto dal popolo ha solo il potere di emettere dei pareri conformi. Ciò significa che la politica economica e monetaria dei singoli Paesi è concertata tra 27 Stati, il che fa sì che gli Stati più forti sopraffanno quelli economicamente più deboli.
Nell’attuale situazione ci sono Stati come la Francia e la Germania che mantengono inalterato il loro stato sociale e non sono sottoposti alla politica dell’austerità, mentre altri Stati, come quelli del sud Europa sono sottoposti a questo tipo di politica e quindi ad un’azione corrosiva che porta alla recessione, alla disoccupazione e alla svendita persino dei territori. Questa non è Europa. L’Europa nella quale dobbiamo credere è una vera Europa federale nella quale i singoli Stati agiscono su un piano di assoluta parità nel perseguire l’interesse della federazione.
Quanto hanno sottoscritto i leader dei 27 Stati membri, fatta eccezione per talune espressioni enfatiche, come “il sogno di pochi e la speranza di molti”, oppure “renderemo l’Unione Europea più forte e più resiliente”, dimostra con tutta evidenza che l’obiettivo è quello di affermare i principi del neoliberismo imperante a favore delle banche e delle multinazionali e contro gli interessi dei popoli. Infatti i sottoscrittori della dichiarazione di Roma parlano di un’Unione “competitiva e sostenibile”, di “una moneta unica stabile e ancora più forte”, di “opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio”, nonché di “crescita sostenuta e sostenibile”, e infine di “riforme strutturali” con evidente riferimento in quest’ultimo caso alla necessaria demolizione degli Stati nazionali, i quali invece devono avere una loro vita ed autonomia nell’ambito di una reale federazione.
Non sfugga inoltre che i predetti leader europei pongono come fine immediato “il completamento dell’unione economica e monetaria” e “un’unione in cui le economie convergano”. In questo quadro appaiono come assolutamente vani i riferimenti al “progresso economico e sociale”, alla “diversità dei sistemi nazionali”, al “ruolo fondamentale delle parti sociali” e il riferimento esplicito al principio di sussidiarietà.
La verità è che il Consiglio europeo attuale vuole continuare sulla via del neoliberismo economico ignorando deliberatamente il pensiero keynesiano che è l’unica via da seguire per risolvere la presente crisi economica attraverso la redistribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale.
Eppure un esempio da seguire lo abbiamo tutti: è la sezione terza, parte prima, della nostra Costituzione dedicata “keynesianamente” ai rapporti economici.

Paolo Maddalena 

(by Nicola) 

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