martedì 11 agosto 2015

Ombre e "Ombrina"


È «Ombrina» la parola che, più d’ogni altra, attual­mente fa imbe­stia­lire l’Abruzzo e il suo milione e 332mila abi­tanti. E nelle scorse ore il governo Renzi, col Pd, con i suoi fede­lis­simi, ha rega­lato ad una società delle Fal­kland l’ok alla distru­zione di uno dei tratti più belli dell’Adriatico.
Il mini­stro dell’Ambiente Gian Luca Gal­letti e il mini­stro dei Beni cul­tu­rali Dario Fran­ce­schini, l’altro ieri, hanno infatti fir­mato il decreto di com­pa­ti­bi­lità ambien­tale per la costru­zione della piat­ta­forma «Ombrina mare» della mul­ti­na­zio­nale Roc­khop­per al largo della Costa dei Tra­boc­chi, in pro­vin­cia di Chieti. È l’ultimo atto ammi­ni­stra­tivo — a parte il decreto di con­ces­sione del mini­stero dello Svi­luppo eco­no­mico che, però, a que­sto punto diventa mera for­ma­lità — prima dell’avvio dei lavori per la nascita dell’impianto petro­li­fero. Un pro­getto con­te­sta­tis­simo e com­bat­tuto da anni, da movi­menti e comi­tati, e dai cit­ta­dini che il 23 mag­gio scorso a Lan­ciano (Ch) – erano in 60 mila — e il 13 aprile 2013 a Pescara – in 40 mila — sono scesi in massa in piazza per riba­dire che que­sta regione non vuole diven­tare il regno delle tri­velle. Un fiume di no ad Ombrina e alla poli­tica ener­ge­tica del pre­mier che, tra un tweet e un sel­fie, sta tra­sfor­mando il Bel­paese in Texas. In barba alla volontà delle popo­la­zioni. «Se ci penso… è folle… a pochi chi­lo­me­tri da riva, nel mezzo di un mare chiuso, vicino alle spiagge, di fronte al costi­tuendo Parco nazio­nale della Costa Tea­tina. Ma che razza di mini­stero dell’Ambiente approva que­ste cose? — , chiede la ricer­ca­trice Maria Rita D’Orsogna — . E quale sal­va­guar­dia ci si può atten­dere da un mini­stero dei Beni cul­tu­rali che, in 53 pagine più alle­gati, auto­rizza uno scem­pio del genere?».
Il pro­getto di «svi­luppo del gia­ci­mento Ombrina», come spiega pro­prio lo scia­gu­rato decreto numero 0000172 del 7 ago­sto, pre­vede la rea­liz­za­zione «a circa 6,5 chi­lo­me­tri dalla costa, su un fon­dale di circa 20 metri, pre­va­len­te­mente sab­bioso», di «una piat­ta­forma per la pro­du­zione di gas plio­ce­nico» e petro­lio «da cui si dipar­ti­ranno da un minimo di 4 ad un mas­simo di 6 pozzi di pro­du­zione»; di «un ser­ba­toio gal­leg­giante» (nave Fpso che sarà sem­pre in fun­zione con fumi, torce e ter­mo­di­strut­tori) «per il trat­ta­mento e lo stoc­cag­gio» del petro­lio; di circa 25 chi­lo­me­tri di con­dotte sot­to­ma­rine o «sea­li­nes per il tra­sfe­ri­mento del greg­gio dai pozzi alla nave desol­fo­rante e del metano».
La con­ces­sione era stata ori­gi­na­ria­mente rila­sciata alla Medoil­gas, che l’ha ceduta a Roc­khop­per. «La strut­tura – spiega Anto­nio Mas­simo Cri­staldi, inge­gnere di Monza, esperto in mate­ria – por­terà al rila­scio di sostanze tos­si­che in mare, come è prassi in tutte le instal­la­zioni off­shore del mondo. “Ombrina” abbrac­cerà ben due riserve di pesca, finan­ziate con fondi pub­blici e comu­ni­tari, che saranno inte­res­sate da feno­meni di bio­ac­cu­mulo di inqui­nanti gravi, fra cui mer­cu­rio e cad­mio. Nel luglio 2008 – evi­den­zia -, le prove di pro­du­zione pro­vo­ca­rono l’intorbidimento del mare attorno ad essa. L’Agenzia regio­nale di tutela ambien­tale (Arta) dimo­strò che men­tre lon­tano da “Ombrina” le acque erano “buone”, quelle atti­gue erano pas­sate ad “inqui­na­mento medio”. E ciò in soli tre mesi. Secondo i docu­menti for­niti dalla ditta pro­po­nente ai suoi inve­sti­toti – spiega ancora Cri­staldi – il petro­lio in quest’area non è facile da estrarre e per ciò si pre­vede l’uso di tec­ni­che aggres­sive, fra cui quelle della aci­diz­za­zione del pozzo, di vio­lente tec­ni­che di sti­mo­la­zione, tra cui la frat­tu­ra­zione; dell’utilizzo di fan­ghi die­sel di per­fo­ra­zione, i più impat­tanti che esi­stano. Que­sti fan­ghi sono vie­tati nei mari del Nord dal 2000, a causa dell’inquinamento che com­por­tano, a seguito della con­ven­zione Ospar. Vogliamo par­lare anche dell’inceneritore instal­lato sulla Fpso? Emet­terà di con­ti­nuo sostanze tos­si­che, come l’idrogeno sol­fo­rato, un veleno ad ampio spet­tro. E c’è anche il peri­colo di sub­si­denza». L’impianto sor­gerà nel cuore di una riviera che sta pun­tando «ad una rina­scita turi­stica», con il pro­li­fe­rare di atti­vità ricet­tive – soprat­tutto hotel e bed and break­fast – , con gite in barca, con vela e surf , con la cucina tipica e la risto­ra­zione sugli anti­chi tra­boc­chi, che attrag­gono turi­sti da ogni parte del pia­neta. Minac­ciata anche la fio­rente pro­du­zione vitivinicola.
«A Mat­teo Renzi e ai suoi – riprende D’Orsogna — piac­ciono le tri­velle, e non c’è demo­cra­zia, o intel­li­genza o buon senso che tenga. Nes­suno mette navi desol­fo­ranti così vicino a riva nel mondo civile, ma in Ita­lia sì. Le pre­scri­zioni all’impresa? Fanno ridere. Ci sono tanto per­ché ci devono essere…». «Il parere posi­tivo di Valu­ta­zione d’impatto ambien­tale (Via) – tuona il coor­di­na­mento “No Ombrina” -, da una prima ana­lisi, mostra falle cla­mo­rose e un’illogica inver­sione pro­ce­du­rale riguar­dante l’Analisi del rischio che, per un pro­getto in cui basta un inci­dente per mas­sa­crare l’intero Adria­tico, non è oggetto di valu­ta­zione pre­ven­tiva ma si fa… dopo il decreto! Cioè prima si rila­scia il parere favo­re­vole e poi si stu­diano, da parte dell’azienda inte­res­sata, gli effetti deva­stanti di un inci­dente. Inau­dito…». Anche su altri aspetti fon­da­men­tali, «come le moda­lità di scavo di chi­lo­me­tri di reti sot­to­ma­rine per gli idro­car­buri, quelle per l’ancoraggio della mega­nave Fpso lunga 330 metri e addi­rit­tura per il piano di sman­tel­la­mento delle opere, il decreto rimanda a fasi pro­get­tuali suc­ces­sive». «Tra l’altro – sot­to­li­nea Augu­sto De Sanc­tis, del Forum Acqua — que­sto pro­getto non è stato sot­to­po­sto a Via tran­sfron­ta­liera secondo quanto pre­ve­dono pre­cise norme inter­na­zio­nali quando è evi­dente che uno scop­pio o un incen­dio potrebbe coin­vol­gere le acque e le coste degli altri Paesi. Un prov­ve­di­mento – aggiunge – che è solo il sigillo a scelte anti­de­mo­cra­ti­che di un governo mai eletto e che sta por­tando avanti poli­ti­che mai oggetto di con­sul­ta­zione popo­lare». Per­ché deci­sioni così impor­tanti sono state prese a ridosso di fer­ra­go­sto? «Sem­bra quasi che gli stessi esten­sori di tali atti si ver­go­gnino delle loro scelte. O pro­ba­bil­mente spe­rano di pas­sare inos­ser­vati. Ma que­sto non è cer­ta­mente pos­si­bile per “Ombrina” che è l’opera meno amata dagli abruz­zesi negli ultimi anni»’: scri­vono Wwf, Legam­biente, Fai, Ita­lia Nostra, Mare­vivo, Pro Natura e Arci.
Sotto attacco, oltre al governo, la Com­mis­sione Via nazio­nale, che pre­ce­den­te­mente, a pri­ma­vera, ha dato il nulla osta ad “Ombrina”. «E’ inquie­tante quanto emerge da inter­ro­ga­zioni di euro­de­pu­tati di L’Altra Europa con Tsi­pras e di par­la­men­tari del Movi­mento 5 Stelle – afferma Mau­ri­zio Acerbo, di Rifon­da­zione — sui com­po­nenti del comi­tato nazio­nale per la Via. Ci si aspet­te­rebbe che a esa­mi­nare i pro­getti fos­sero fior di esperti e scien­ziati e invece si sco­prono per­so­naggi che poco hanno a che fare con l’ambiente e con bio­gra­fie poco ras­si­cu­ranti. Un vero cara­van­ser­ra­glio: inda­gati per cor­ru­zione, sospet­tati di legami con la ’ndran­gheta, pid­dui­sti… Quando ci rac­con­tano che le grandi opere sono state sot­to­po­ste a tutte le veri­fi­che ricor­dia­moci che razza di gente è que­sta». Il decreto – sostiene ancora il coor­di­na­mento “No Ombrina” — è uno schiaffo per il pre­si­dente della Regione, Luciano D’Alfonso: la linea dia­lo­gante con il governo è boc­ciata ine­so­ra­bil­mente. A lui doman­diamo: quando si rom­perà defi­ni­ti­va­mente con Renzi, che non ha timore di costruire un enorme gasdotto sulle faglie sismi­che più peri­co­lose d’Europa pas­sando anche per L’Aquila?».
Il decreto emesso obbliga da un lato la società Roc­khop­per a rea­liz­zare il pro­getto entro 5 anni, nello stesso tempo ammette il ricorso al Tri­bu­nale ammi­ni­stra­tivo regio­nale, entro 60 giorni dalla pub­bli­ca­zione in Gaz­zetta uffi­ciale, e al Capo dello Stato, entro 120 giorni. E su que­sto si sta già lavo­rando. «Stiamo stu­diando, con un gruppo scien­ti­fico e con le asso­cia­zioni, il dove­roso ricorso al Tar avverso detto atto gover­na­tivo. Pari­menti pro­ce­de­remo anche con­tro l’eventuale futuro decreto con­ces­so­rio — dichiara l’assessore regio­nale all’Ambiente, Mario Maz­zocca -. Il modello di svi­luppo che vogliamo si basa su cri­teri impron­tati ad una reale soste­ni­bi­lità. Per l’affermazione di que­sto modello di cre­scita la Regione, que­sta Regione, si bat­terà fino in fondo. E ven­derà cara la pro­pria pelle».
(by Nicola)

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