venerdì 14 giugno 2013

"Macchia a Isernia!"

Riceviamo e pubblichiamo


Il P.C.L. Molise chiede che venga ritirato immediatamente e senza indugio l’assurdo licenziamento in tronco dei tre lavoratori in lotta dello stabilimento di Macchia d’Isernia “DR” del gruppo Di Risio, “rei” di aver legittimamente scioperato e manifestato in difesa dei propri elementari diritti di vita e salariati violati dall’azienda (salario non pagato e quant’altro reso noto dalla FIOM Molise). Come ricordava Lenin nel suo prezioso opuscolo “le multe nelle fabbriche”, il capitalista ha il potere di farsi da solo la legge e la sentenza disciplinare, unilateralmente ed arbitrariamente, con immediata esecutività; l’operaio, invece, per le violazioni contrattuali subite deve ricorrere all’odissea dei tribunali se mai vedrà giustizia. Chiediamo alla sinistra politica e sindacale locale dell’area isernina di mobilitarsi e di non lasciare soli gli operai in lotta.
Abbiamo letto le incredibili lettere di licenziamento: secondo le spropositate affermazioni padronali, la partecipazione degli operai al legittimo sciopero indetto dalla FIOM e le legittime critiche sindacali ivi espresse con dei legittimi striscioni in cui si rivendicavano solo le spettanze arretrate, costituirebbero “atteggiamento denigratorio contro l’azienda”; sic! Vieppiù, l’aver svolto tale sit in di sciopero nella villa comunale sarebbe addirittura “un atto di intimidazione verso il padrone dell’azienda ” perché nei pressi di tale villa comunale vi sarebbe l’abitazione del padrone (qui siamo al delirio puro).
E ancora: nella lettera v’è l’inaudita, e falsa ingiuria agli operai accusati di aver svolto una “manifestazione non autorizzata”, mentre vi era stata regolare comunicazione all’autorità di P.S. (nella cecità repressiva antioperaia, lor signori ignorano che per le manifestazioni sono previste solo comunicazioni preventive, non “autorizzazioni”). E’ evidente, dunque, anche il maldestro tentativo di far scattare una condanna a carico degli operai ricorrendo ad un vecchio Decreto fascista degli anni ’30, forse incoraggiati dai grotteschi provvedimenti (già impugnati per manifesta illiceità ed insensatezza giuridica) adottati dal PM SCIOLI e dal GIP Messa del Tribunale di Isernia, contro il PCL e gli altri antifascisti molisani in due recenti e note vicende (sit in antifascista e inaugurazione “auditorium della cricca contro la cementificazione selvaggia e le ruberie di denaro pubblico”).
Invero la Digos, incalzata dagli operai, ha dovuto constatare un fatto denunciato da noi come illecito e vergognoso: da parte padronale hanno sguinzagliato un dipendente per scattare le foto degli operai in sciopero (vi lasciamo immaginare a quali scopi…) senza che gli operai lo avessero autorizzato; sennonché una funzionaria DIGOS, ha perciò dovuto far cancellare le “foto fuori legge”. E’ evidente che siamo di fronte ad intollerabili metodologie repressive antioperaie, di neofascismo aziendale, alla Valletta o alla Marchionne, combinate con la deprecabile e vecchia pratica di mettere alcuni lavoratori contri altri lavoratori approfittando delle condizioni di bisogno di ciascuno. Un appello in tal senso va ai dipendenti che si prestano ad essere scagliati contro gli altri operai della FIOM, per compiacere al padrone: così fate del male anche a voi stessi, poiché solo gli operai uniti che lottano per i loro diritti lesi possono ottenere risultati positivi; la “guerra tra poveri” conviene solo a chi si arricchisce alle vostre spalle e con il vostro lavoro.
Questi sedicenti “capitani d’industria” molisani (e ve ne sono vari di esempi), dopo aver fruito di ingenti fondi pubblici, ci lasciano un bel risultato: si spostano risorse verso la manodopera semischiavistica del neo capitalismo cinese; e mentre tra una speculazione e l’altra di fondi pubblici l’impresa si impoverisce e muore, l’imprenditore si arricchisce.
Vero è che nell’immediato le impugnazioni legali dei licenziamenti sono ovviamente necessarie: visti i fatti, suggeriamo agli operai licenziati di eccepire giuridicamente la rappresaglia, l’ingiuria, l’intimidazione, l’attentato alle proprie libertà di manifestare in difesa dei diritti essenziali.
Ma è chiaro che non basta: il punto principale è che le maestranze della DR come di ogni altra fabbrica in lotta, devono iniziare mettere in capo una forza uguale e contraria all’arroganza padronale, a partire dall’occupazione degli stabilimenti sino a quando non si bloccano i licenziamenti.
Ecco perché a partire da queste lotte quotidiane e locali le maestranze devono acquistare più forza ed unità sociale di classe, collegandosi anche ad una vertenza più ampia, sino al livello nazionale, che il PCL sta sostenendo da anni contro questo capitalismo ormai fallito: nazionalizzare le aziende che licenziano – tanto più quando lo fanno per rappresaglia – senza indennizzo e sotto il controllo delle maestranze, aprendone i libri contabili per elaborare dei seri piani industriali, sino a riorganizzare nel tempo la stessa economia ed il sistema bancario su nuove basi collettivistiche, in funzione del benessere di tutti e non del profitto di pochi.

14/06/2013                           Il Coordinatore
                               Tiziano Di Clemente
(by Nicola)

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