mercoledì 24 aprile 2013

L’eolico che non piace, in Molise le pale girano… ai cittadini


Giampiero De Luca

CAMPOBASSO / Chi c’è dietro l’eolico in Molise? Se lo chiedono in tanti oggi dopo che la regione è stata invasa da centinaia, migliaia di pali alti fino a centro metri. Un business che non si è affatto fermato. Anzi, sono in cantiere altri progetti per collocare nel molisano, all’incirca 3000 sistemi eolici. Un viaggio per le strade della piccola regione meridionale, dove si concentra uno dei più alti tassi di sistemi ad energia alternativa del Sud. Ma da un paio di anni sotto la voce Associazioni, come l’Osservatorio molisano sulla legalità, la sigla Eolico, comincia a far venire alla mente più di qualche dubbio, al di là delle considerazioni di natura legale.
In alcune inchieste della magistratura italiana infatti, vedi quella di Palermo, una mega confisca è stata effettuata dalla Direzione Investigativa antimafia: dal sito www.viadalvento.org riportiamo stralcio dal resoconto su un’operazione avvenuta in Sicilia: “La Direzione investigativa antimafia di Palermo ha avviato oggi la confisca di beni per 1 miliardo e 300 milioni di euro, la più cospicua mai compiuta in Italia, ai danni di un importante imprenditore dell’eolico che si ritiene legato al capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Lo riferisce la stessa Dia. Al centro dell’operazione – autorizzata dal tribunale per le misure di prevenzione di Trapani – c’è la galassia di aziende, una quarantina, che fa riferimento a Vito Nicastri, un imprenditore di Alcamo di 57 anni, specializzato nella realizzazione e vendita di parchi eolici e fotovoltaici ‘con ricavi milionari’, dicono gli investigatori”.
Un esempio di come le organizzazioni criminali possano mettere le mani sulle fonti rinnovabili, visto quanto accaduto con l’eolico siciliano. Ed in Molise le preoccupazioni, a torto o a ragione, sono molte. I comitati contestano la scelta della regione di aver dato accesso a molte aziende del centro nord Italia, di riversarsi sul territorio, sistemando anche a pochi metri dai centri abitati, pilastri alti molti metri. Montelungo, uno dei comuni più colpiti ed è l’emblema di cosa stia avvenendo oggi nella seconda regione più piccola dello stivale.
Per avere le autorizzazioni c’è bisogno di una procedura che spesso non viene rispettata dalla ditte che riescono ad aggiudicarsi gli appalti.
L’iter autorizzativo, almeno per gli impianti oltre una certa taglia, prevede sostanzialmente un percorso di conferenze di servizi, in cui sono espressi i pareri di competenza richiesti a seconda dell’area interessata e al netto dei tempi richiesti dal parere ambientale, che rappresenta il più importante atto endoprocedimentale.
L’autorità competente ad esprimere il parere ambientale è in genere la Regione ma, in seguito alla ingestibilità della mole di progetti presentati, si riscontra una insistente tendenza a delegare le province, integrando cosi un ulteriore elemento di parcellizzazione dei procedimenti e di degrado della qualità delle valutazioni. Il parere ambientale rappresenta la “dote” sostanziale con cui i progetti approdano alle conferenze di servizio previste dalla procedura per il raggiungimento della cosiddetta Autorizzazione Unica ai sensi del D.Lgs 387/03, il provvedimento che ha determinato la deriva nella regolamentazione del settore, assegnando anche il carattere di opere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti alle opere cosi autorizzate.

Fonte: youreport.it

(by Nicola)

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