sabato 21 maggio 2011

Il voto corrompe la democrazia


Qualcuno invoca i numeri, un altro il provincialismo, l'atavismo, la rassegnazione.
C'è di fatto che se per 28 voti sei eletto consigliere municipale e per 146 sindaco; te ne bastano 480 per diventare consigliere regionale.
Allora a che serve parlare di politica, ideali e progetti di società. Destra o sinistra sono unicamente valori astratti.
Come i colori che due squadre indossano per potersi distinguere e contendersi il palio.
Uno va dove più gli conviene in quel momento.
Io, mia moglie, i miei figli, mia madre e mio padre, i miei suoceri, i miei cognati, i miei nipoti maggiorenni, mio fratello e mia sorella – se li ho – con i loro coniugi e i loro suoceri, cognati e nipoti; se alla somma posso ancora includere i fidanzati o sposi dei miei e loro figli con la corrispettiva famiglia, allora posso assicurarmi un minimo di dodici voti o un comodo trentasei voti per essere eletto consigliere municipale senza uscire di casa.
Posso essere analfabeta, volgare e presuntuoso: ho i numeri. La politica fa per me. Ho la taglia giusta per indossare l'abito dell'Eletto del Popolo. Cioè il mio popolo, la mia tribù, la mia famiglia.
E se non pensassi a loro nelle mie funzioni, chi mi rieleggerebbe? In questo caso, in questa Regione Molise, con questi numeri, parlare di familismo è un pleonasmo, una 'lapalissade'.
Per essere valido il sistema democratico ha bisogno di numeri, di grandi numeri.
Conoscere nome e cognome di ogni singolo elettore non garantisce né equità della gestione del bene pubblico, né progresso della società.
Applicare un diritto senza guardare in faccia alla persona richiedente, richiedere un dovuto senza considerarlo un favore personale.
Avere una propria capacità di giudizio, sapere analizzare una situazione per discernere il necessario dal superfluo, sottrarsi a influenze interessate o pressioni ricattatorie, essere liberi di ogni obbligo di sdebitamento o favori da ricambiare. Per progredire, come in ogni cosa umana, la società ha bisogno di astrazione: formulare attraverso il pensiero la realtà dei fatti presenti. Apportare una soluzione o risolvere un problema, rispondere a una necessità.
Ciò è possibile se si può estrarre la situazione dal suo contesto particolare per porre in esso un valore generale riconoscibile nel tempo e trasmissibile a tutti.
Così facendo si evita di arrenarsi nel personalismo, localismo, atavismo con la sua coorte di rancori e gelosie che avvelenano di padre in figlio, da generazione a generazione, quei legami che legano a nodi stretti questa nostra società, la comunità, incapace di pensarsi e progredire, ma continuamente, in una faida di cui adesso le prime cause sono dissolte nell'oscurità dei tempi, l'impedisce di muoversi fino a ridursi a un corpo immobile, inanimato, lasciato a putrefare.
Questa ha il nome di democrazia, ne indossa le vesti e ne mima le forme, ma volutamente, coscientemente ne ripugna lo spirito e la sostanza.
Dove sono quei luoghi dove si formula la parola, dove le idee si cimentano, dove le risoluzioni si prendono?
Si trovano unicamente banchetti, tavoli apparecchiati: piatti di lenticchie dal più offrente.
 
(by Valentino, 21 maggio 2011)

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